lunedì 28 ottobre 2013

Crisi di identità (Tigri azzurre)

C’è un bellissimo racconto di Jorge Luis Borges, del cui amore per la matematica ho già parlato più volte, come qui, che mette in discussione l’identità quantitativa degli oggetti, ma anche l’identità psicologica del protagonista. Si tratta di Tigri azzurre, comparso per la prima volta, nella bella traduzione italiana di Gianni Guadalupi, nel volume che l’editore Franco Maria Ricci volle dedicare all'autore argentino in occasione del suo ottantesimo compleanno (J. L. Borges, Venticinque Agosto 1983 e altri racconti inediti, Franco Maria Ricci, Milano, 1980).

Ma che cosa si intende per identità? Dire che due cose sono identiche vuol dire che sono la stessa cosa? I filosofi, sin dai tempi di Aristotele, distinguono a questo proposito tra identità qualitativa e identità numerica. Le cose con identità qualitativa condividono le stesse proprietà, così possono essere più o meno qualitativamente identiche. I bassotti e i danesi sono identici qualitativamente, perché possiedono la qualità di essere cani, ma due bassotti avranno tra di loro un’identità qualitativa superiore. L’identità numerica richiede l’identità qualitativa assoluta, o totale, e si può dare solo tra una cosa e se stessa. Il suo nome implica il concetto che è la sola relazione di identità secondo la quale possiamo contare (o numerare) le cose: x e y si possono contare nello stesso modo solo nel caso in cui siano numericamente identiche. Possiamo contare nello stesso modo sette tigri e sette pietre azzurre perché sono numericamente identiche. Già tra le “nozioni comuni”, regole di deduzione logica ritenute evidenti ed intuitive che Euclide elencò dopo i postulati, troviamo che: 
a) se a cose uguali si aggiungono cose uguali si ottengono risultati uguali; 
b) se da cose uguali si tolgono cose uguali i resti sono uguali; 
c) cose che coincidono l'una con l'altra sono uguali l'una all'altra.

Il criterio di identità per i numeri è la cosiddetta equinumerosità: il numero di F è uguale al numero di G se, e solo se, ci sono esattamente tanti F quanti G. È su questa base che si può erigere l’edificio della matematica. Un edificio che in Tigri azzurre viene messo in discussione. 


Siamo nei primi anni del Novecento, nell'India coloniale. Alexander Craige, un professore scozzese di logica all'università di Lahore, appassionato di tigri fin dall'infanzia, viene informato dell’avvistamento in un remoto villaggio indiano di una varietà azzurra della specie. L’uomo, ossessionato da continui sogni di tigri azzurre, decide di catturarla e si reca sul posto, dove gli abitanti sembrano volerlo tenere lontano dall'altura boscosa che sovrasta l’abitato. Fiutato l’inganno, Craige decide una notte di avventurarsi da solo sulla collina. Ciò che trova in un anfratto illuminato dalla luna non è però la tigre, ma un mucchio di pietruzze circolari, lisce e regolari al punto da sembrare dischetti o monete, dello stesso colore azzurro delle tigri dei suoi sogni. Ne prende un paio di manciate e le mette nella tasca della giacca, facendo ritorno al villaggio. 

Al risveglio il professore scozzese fa una straordinaria scoperta: per un “osceno miracolo”, il numero dei dischi varia continuamente, aumentando o diminuendo ogni volta che lo sguardo dell’uomo si posa su di esse, resistendo a ogni tentativo di contarle. Dice il protagonista: “Guardavo fisso uno qualunque di essi, lo prendevo tra il pollice e l’indice, e quando era solo, erano molti”. Una volta venuti a sapere della sua scoperta, gli indigeni lo evitano e lo rispettano per timore. Il più anziano di essi gli dice che quelle “pietre che generano”, del “colore azzurro che è permesso vedere solo nei sogni” sono le tigri azzurre.


Uno storico delle religioni direbbe che Craige è divenuto per quegli indiani sacer, colui che non può essere avvicinato o toccato perché partecipe della natura divina, tremendum perché il suo potere fa tremare. Ma a tremare è soprattutto l’occidentale, perché l’identità mutevole delle pietre, la loro “indole mostruosa”, mette in discussione le sue certezze e la sua stessa identità. 

“Se mi dicessero che ci sono unicorni sulla luna, io accetterei o respingerei il giudizio, ma potrei immaginarli. Invece, se mi dicessero che sulla luna sei o sette unicorni possono essere tre, io affermerei a priori che il fatto è impossibile. Chi ha capito che tre più uno fa quattro, non fa la prova con monete, con dadi, con pezzi degli scacchi o con le matite. Non può concepire un’altra cifra”. 

Alexander Craige, che è un logico, coglie immediatamente la sconvolgente conseguenza dell’esistenza di quegli oggetti, che “contraddicono quella legge essenziale della mente umana”. Preferirebbe essere pazzo, “poiché la mia allucinazione personale importerebbe meno della prova che nell’universo è contenuto il disordine. Se tre più uno possono essere due o possono essere quattordici, la ragione è una follia”. Di certo non gli sfugge la messa in discussione che le tigri azzurre comportano per uno dei capisaldi della logica, la cosiddetta legge di Leibniz, o principio di identità degli indiscernibili: se non c'è modo di distinguere due enti, allora sono in verità un solo ed identico ente: Eadem sunt, quorum unum potest substitui alteri salva veritate (le cose delle quali l'una può essere sostituita dall'altra mantenendone intatta la verità, sono le stesse). 

Per Leibniz, il principio di identità non solo è la base delle verità logiche, ma di ogni verità. Tutte le verità prime “possono essere comprese sotto lo stesso nome di identità”, sia che si affermi esplicitamente “la medesima cosa circa se stessa”, sia che [si neghi] l’opposto del suo opposto”. Il principio di non contraddizione, è da questo punto di vista, un caso particolare di identità. Le verità non prime, cioè non immediatamente riconoscibili come identità, sono riducibili a identità mediante definizioni. L’identità è quindi una delle nozioni fondamentali della logica, e il principio di identità una legge senza la quale non è possibile il pensiero. 

Chissà che cosa avrebbe pensato il filosofo e matematico tedesco se avesse visto ciò che era sotto gli occhi di Craige! Non avrebbe più senso il concetto di numero, se le cose si rifiutassero di essere numerate, se un pentagono avesse cinque o sei lati, o sette, a seconda del tempo in cui lo si guarda. La percezione e il concetto non sarebbero più connessi. L'equinumerosità sarebbe una variabile dipendente dai capricci degli oggetti, o dal tempo. Già, il tempo, secondo Borges "un tremulo ed esigente problema".

L’identità nel tempo è controversa, perché il tempo comporta cambiamento. Eraclito diceva che non ci si bagna mai nello stesso fiume, perché l’acqua è sempre diversa. Hume pensava che l’identità nel tempo è una finzione, con la quale noi spieghiamo una collezione di oggetti in qualche modo in relazione, e Borges commentava questa idea come "un mondo d'impressioni evanescenti; un mondo senza materia né spirito, né oggettivo né soggettivo; un mondo senza l'architettura ideale dello spazio;…un labirinto irriducibile, un caos, un sogno." Questi punti di vista si possono considerare basati su un fraintendimento della legge di Leibniz per il quale, se una cosa cambia, qualcosa di essa è vera in un tempo successivo che non era vera in un tempo precedente, così non è più la stessa. Si può tuttavia rispondere che ciò che di essa è vero in un tempo successivo rimane vero, così come ciò che era vero in un tempo precedente, è sempre vero. Si tratta allora di stabilire criteri di identità che consentano di superare queste difficoltà. 

Per i concetti, gli oggetti astratti, si può pensare che la loro identità permane nel tempo: due rette a e b nel piano euclideo, se sono parallele all'istante t0, continuano a esserlo in qualsiasi istante tn successivo. Ciò vale anche per il concetto di numero. Un insieme di sette pietre può essere associato al numero sette e alla cifra che lo rappresenta, sempre che non si tratti di pietre azzurre indiane (o di particelle elementari!) e si prescinda dal fatto che l’idea di numero nasce dall'osservazione di insiemi di oggetti reali: 

“Maneggiando le pietre che distruggono la scienza matematica, pensai più di una volta a quelle pietre del greco che furono i primi numeri e che hanno legato a tanti idiomi la parola “calcolo”. La matematica, mi dissi, ha la sua origine e ora la sua fine nelle pietre. Se Pitagora avesse operato con queste…” 


Per gli oggetti reali le cose sono più complicate che per i concetti. In questo caso è necessario stabilire un criterio di identità del tipo “x è in t lo stesso F come lo è y in t′ se e solo se…” Ad esempio, una pietra continua a essere lo stesso oggetto di prima se e solo se conserva la natura chimica, il colore, la forma. Ma ciò comporta anche che si stabiliscano criteri di identità nello spazio (e qui è meglio non approfittare della pazienza del lettore). 

Nel caso delle persone, dove non ci si può limitare all'identità del corpo, un criterio di identità diacronica potrebbe essere: "x è in t la stessa persona come y in t’ se, e solo se, c’è continuità psicologica tra x in t e y in t’", ma questo criterio si può contestare nel caso di alcune gravi patologie psichiatriche o degenerative, il cui sintomo principale è proprio la perdita della percezione della propria individualità psicologica. E poi, può esistere continuità psicologica in un mondo dove esistono le tigri azzurre? 

Alla fine Craige cede le pietre azzurre a un mendicante cieco in una moschea di Lahore. Gli dice: 

“Voglio che tu sappia che la mia elemosina può essere spaventosa.” 
Mi rispose: 
“Forse questa elemosina è l’unica che posso ricevere. Ho peccato.” 
Lasciai cadere tutte le pietre nella mano concava. Caddero come in fondo al mare, senza il minimo rumore.
Poi mi disse: 
“Non so ancora qual è la tua elemosina, ma la mia è spaventosa. Ti rimangono i giorni e le notti, il buon senso, le abitudini, il mondo.” 
Non udii i passi del mendicante cieco né lo vidi perdersi nell'alba.



giovedì 24 ottobre 2013

Aforismi matematici (vecchi e nuovi)


Sull'etichetta del quinto postulato di Euclide c'era scritto "da consumarsi preferibilmente entro il XVIII secolo". 

Gli osti hanno scoperto assai prima dei matematici l'uso dei recipienti graduati e non hanno più problemi di travaso. 

Tutti i numeri primi sono dispari tranne uno. Tutti i numeri primi sono dispari tranne due. 

Indicare la retta via attraverso parabole dette in un cerchio ristretto è un’iperbole del cristianesimo. 

Negli esercizi dei libri di geometria compaiono terreni di forme sconosciute a qualsiasi catasto. 

Tutte le domeniche e le feste comandate, alla lunga la funzione è monotona. 

Si dice che Klein fosse un superficiale, sempre attaccato alla bottiglia. 

Capisco i matematici esperti di geometria proiettiva che non si presentano come geometri. Anche perché progetterebbero villette moooolto lunghe. 

Dopo aver incontrato Gauss, Beethoven divenne sordo come una campana. 

Il prossimo che, se dico “Gödel”, risponde “Escher e Bach” lo uccido.

venerdì 11 ottobre 2013

Le stravaganti meraviglie matematiche di Mein Herr

C’è un capitolo dell’ultimo libro scritto da Lewis Carroll (1832-1898), Sylvie e Bruno (che ho sfogliato in rete nell'edizione originale) che è pieno di suggestioni matematiche e fisiche. Si trova nel secondo volume del racconto (pubblicato del 1893), e ha per protagonista lo stravagante vecchio Mein Herr (Mio Signore), mezzo tedesco e mezzo eerie, cioè proveniente dal mondo incantato. Mein Herr racconta molte cose interessanti e “meravigliose” del suo paese durante un tè pomeridiano con un gruppo di persone, tra le quali il protagonista e voce narrante, sempre più affascinate dall'eccentricità di quanto ascoltano. Carroll dimostra qui per l’ennesima volta la sua grande perizia narrativa, perché riesce a mescolare senza urti e contraddizioni il mondo più lontano dalla “razionalità” e i concetti matematici più aggiornati della sua epoca. 

La prima idea matematica che si incontra nel racconto di Mein Herr riguarda la topologia. C’è un cenno al nastro di Mδbius, la nota superficie non orientabile a un solo lato e un solo bordo, ma soprattutto ci sono le istruzioni per realizzare, partendo da tre “fazzoletti da taschino”, una “borsa magica” in cui non si può distinguere l’interno dall'esterno, che è un piano proiettivo. Nel racconto, la borsa magica prende il nome di Borsa di Fortunatus, con riferimento a un racconto tedesco del XVI secolo, incorporato più tardi nella tradizione delle fiabe inglesi, in cui il giovane cipriota Fortunatus riceve in dono dalla dea Fortuna una borsa che si riempie continuamente per quanto da essa si attingano cose e denaro. 

Seguiamo il racconto di Carroll (traduzione mia):

Lady Muriel ci condusse al ben noto angolino ombroso dove era già stato apparecchiato per il tè del pomeriggio e, mentre entrò in cerca del Conte, noi ci sedemmo su due poltrone e “Mein Herr” prese in mano il lavoro di Lady Muriel e lo esaminò con i suoi grandi occhiali (uno dei particolari che lo rendeva così provocatoriamente simile al Professore). “Sta facendo l’orlo a dei fazzoletti da taschino?” disse divertito “Così è a questo che si dedicano le signore inglesi, vero?” 
“È la sola impresa”, dissi, “in cui l’Uomo non ha mai uguagliato la Donna!” 
Lady Muriel ritornò accompagnata da suo padre, e, dopo che egli ebbe scambiato qualche parola amichevole con “Mein Herr”, e che ci fossimo tutti forniti dei necessari comfort, il nuovo venuto tornò al suggestivo argomento dei fazzoletti da taschino. 
“Avete sentito della Borsa di Fortunatus, Miladi? Ah, così! Sareste sorpresa di sentire che, con tre di questi pikoli fazzoletti, potereste fabbricare la Borsa di Fortunatus molto in fretta e molto facilmente?” 
“Davvero?” rispose Lady Muriel impazientemente, mentre ne prendeva un mucchietto in grembo e infilava l’ago “Vi prego, ditemi come fare, Mein Herr! Ne farò una prima di toccare un’altra goccia di tè!” 
“Dovreste innanzitutto,” disse Mein Herr, prendendo egli stesso due dei fazzoletti, stendendone uno sopra l’altro, e tenendoli per i due angoli, “dovreste innanzitutto unire questi angoli superiori, il destro con il destro, il sinistro con il sinistro, e l’apertura tra di essi sarà l’apertura della Borsa”. 
Pochi punti furono sufficienti per eseguire questa istruzione. “Ora, se cucio assieme gli altri tre bordi”, lei suggerì, “la borsa è pronta?” 
"Non così, Miladi: prima bisogna unire i bordi inferiori  ah, non così!” (perché lei stava cominciando a cucirli assieme). “Capovolgete uno di essi, e unite l’angolo destro in basso di uno con l’angolo sinistro in basso dell’altro, e cucite i bordi inferiori in quella che chiamereste la maniera sbagliata!” 
"Vedo!” disse Lady Muriel, mentre eseguiva con destrezza l’ordine. “E che borsa attorcigliata, scomoda, dall'aspetto inspiegabile ne vien fuori!”. Ma la morale è bella. La ricchezza senza limiti si può ottenere solo facendo le cose nel modo sbagliato! E come uniamo queste misteriose - no, voglio dire questa misteriosa apertura?” (intanto rigirava la cosa con aria interrogativa). “Sì, è una sola apertura. Pensavo all'inizio che fossero due.” 
“Conoscete l’enigma dell’Anello di Carta?” disse Mein Herr rivolto al Conte. “In cui si prende una striscia di carta e si uniscono le estremità, dopo averne ruotata una, in modo da unire l’angolo superiore di una all'inferiore dell’altra?”. 
“Ne vidi uno già fatto, solo ieri”, rispose il Conte. “Muriel, bimba mia, non ne stavi costruendo uno per divertire i bambini che avevi per il tè?” 
“Sì, conosco l’enigma, disse Lady Muriel,. “L’Anello ha solo una superficie, e solo un bordo. è assai misterioso!” 
“La borsa è proprio come quello, giusto?” suggerii. “La superficie esterna di un suo lato non è continua con la superficie interna dell’altro lato?” 
“È così!” lei esclamò. “Solo che non è una borsa, finora. Come riempiremo questa apertura, Mein Herr?” 
“In questo modo!” disse il vecchio con enfasi, prendendo la borsa dalle sue mani, e alzandosi in piedi nell'eccitazione della spiegazione. “Il bordo dell’apertura consiste di quattro lati di fazzoletto, e potete seguirlo continuamente, tutto intorno all'apertura: giù dal bordo destro di un fazzoletto, su fino al bordo sinistro dell’altro, poi giù di nuovo lungo il bordo sinistro di uno e su lungo il bordo destro dell’altro!” 
“Allora è vero!” mormorò Lady Muriel pensosamente, tenendosi la testa tra le mani, e guardando il vecchio seriamente. “E ciò prova che c’è solo una apertura!” (…) 
“Ora, questo terzo fazzoletto” continuò Mein Herr “ha pure lui quattro bordi, che si possono seguire continuamente tutto intorno: ciò che dovete fare è unire i suoi quattro bordi ai quattro bordi dell’apertura. La Borsa è così completa, e la sua superficie esterna...“ 
“È vero!” lo interruppe impazientemente Lady Muriel. “La sua superficie esterna sarà continua con quella interna!” Ma ci vorrà tempo. La cucirò dopo il tè.” Si stese di fianco alla borsa, e riprese in mano la sua tazza di tè. “Ma perché la chiamate Borsa di Fortunatus, Mein Herr?” 
Il caro vecchio era raggiante su di lei, con un sorriso allegro, e sembrava il Professore più che mai. “Non vedete, bambina mia ‒ o dovrei dire Miladi? Tutto ciò che è dentro quella Borsa, è fuori di essa; e tutto ciò che è fuori, è dentro di essa. Così avete tutte le ricchezze del mondo in quella pikola Borsa!”


Opportunamente Lady Muriel non porta a termine l’operazione suggerita da Main Herr: il piano proiettivo è chiuso e non orientabile, cosa che implica che la sua immagine non può essere rappresentata nelle 3 dimensioni senza auto-intersezioni. Tuttavia è possibile realizzare modelli di oggetti molto simili, come il “cappello di Fortunatus” lavorato all'uncinetto da Susan Goldstine, professoressa associata di matematica al Saint Mary’s College of Maryland. 


Un’altra stramberia di Mein Herr che riguarda la matematica e la fisica è la descrizione delle linee ferroviarie nel suo paese, tutte realizzate in galleria, con un’idea che ricorda il tunnel della Gelmini tra il CERN di Ginevra e il Gran Sasso. Ecco che cosa dice quando Lady Muriel lo invita a raccontare altre cose meravigliose del suo paese:

“Essi fanno funzionare i loro treni senza alcun motore… non serve altro che un macchinario con il quale fermarli. Ciò è abbastanza meraviglioso, Miladi?” 
“Ma da dove arriva la forza?” osai chiedere. 
Mein Herr si girò rapidamente, per vedere il nuovo interlocutore. Poi si levò gli occhiali, li pulì, e mi guardò di nuovo, con evidente stupore. Potevo vedere che stava pensando ‒ come me del resto ‒ che dovevamo esserci già conosciuti. 
“Essi usano la forza di gravità,” disse. “è una forza conosciuta anche nel vostro paese, credo?” 
“Ma ciò richiederebbe che un treno proceda in discesa,” osservò il Conte. “Non potete avere tutti i treni che vanno in discesa?” 
“Tutti lo fanno”, disse Mein Herr. 
“Non in entrambe le direzioni?” 
“In entrambe le direzioni.” 
“Allora mi arrendo!” disse il Conte. 
“Potete spiegare come accade?” disse Lady Muriel. “Senza usare quella lingua che non so parlare correntemente?” 
“Facile, “ disse Mein Herr. “Ogni linea ferroviaria si trova in un lungo tunnel, perfettamente diritto: così naturalmente il punto mediano di esso è più vicino al centro del globo che le due estremità: così ogni treno procede per metà strada in discesa, e ciò gli dà forza abbastanza per percorrere l’altra metà in salita.”

L’idea del treno gravitazionale sembra a prima vista molto balzana. La situazione descritta da Mein Herr è rappresentata schematicamente dalla figura. In o gni caso, Lewis Carroll non si è inventato nulla: nel XVII secolo, Robert Hooke, in una lettera a Isaac Newton, aveva esposto l'idea del moto di un oggetto all'interno del globo terrestre se non ci fosse stata alcuna resistenza. Inoltre, un progetto in tal senso fu realmente presentato all'Accademia delle Scienze di Parigi nella prima metà del XIX secolo. Lasciamo perdere per un istante le difficoltà tecniche di costruzione di una simile rete ferroviaria, e sorvoliamo sui problemi causati dall'attrito. Alcuni calcoli permettono di stabilire che il nostro treno si comporterebbe come un oscillatore lineare, e, perciò, che il tempo di percorrenza non dipenderebbe dalla lunghezza del tunnel, ma esclusivamente dalla densità della terra (ammettendo che sia isotropa) e dalla costante gravitazionale! Indipendentemente dalla posizione delle stazioni di partenza e arrivo, il viaggio durerebbe 42'12’’ Il treno raggiungerebbe la sua massima velocità nel punto mediano del tunnel: passando esattamente dal centro della Terra, essa varrebbe 7.900 m/s!

L’ultima idea di Mein Herr della quale mi occupo è quella di una carrozza con le ruote di forma e assetto tali da riprodurre il rollio e il beccheggio di una nave: 

“Favoloso!” disse il Conte, che aveva ascoltato con attenzione. “Esistono altre peculiarità nelle vostre carrozze?” 
“Nelle ruote, talvolta, mio Signore. Per la vostra salute, andate al mare: provate il beccheggio, il rollio, qualche volta l’affogamento. Noi facciamo tutto ciò sulla terraferma. Sentiamo il beccheggio, come voi, il rollio, come voi, ma non anneghiamo! Non c’è acqua!” 
“Come sono fatte le ruote, allora?” 
“Sono ovali, mio Signore. Per questo le carrozze salgono e scendono.” 
“Sì, e fanno beccheggiare la carrozza avanti e indietro: ma come fanno a farla ondeggiare di lato?” 
“Non sono in asse, Signore. L’estremità di una ruota risponde al lato della ruota opposta. Così prima sale un lato della carrozza, poi l’altro. E contemporaneamente beccheggia. Ah, dovete essere un buon marinaio, per guidare le nostre navi-carrozze!” 
“Posso crederlo facilmente” disse il Conte. 
Mein Herr si alzò in piedi. “Ora devo lasciarvi, Miladi,” disse guardando l’orologio. “Ho un altro impegno”.

Su questa idea davvero bizzarra ci viene in aiuto Luciano Cresci, che se ne è occupato nel divertente e utile Le curve matematiche. Tra curiosità e divertimento (Hoepli, 2005). Innanzitutto le ruote non sono ovali in senso matematico, ma ellissi. “È facile immaginare che l’intensità del beccheggio dipenderà dalla forma dell’ellisse: quanto più sarà allungata, tanto più il beccheggio metterà a repentaglio gli stomachi dei poveri viaggiatori”. Devo dire che un analogo effetto si otterrebbe con ruote circolari eccentriche, cioè delle camme, come avviene nei motori a scoppio per comandare l’apertura e la chiusura delle valvole. Più interessante è il problema del rollio, cioè il dondolamento ortogonale alla direzione di marcia. Secondo Cresci, “la soluzione più confortevole – si fa per dire – che consente alle ruote di poggiare sempre per terra, quindi senza sollevamenti temporanei di alcune di esse, consiste nell’avere le ruote diametralmente opposte con i loro assi maggiori perpendicolari, mentre il bilancio delle oscillazioni tra beccheggio e rollio si ottiene impostando tra gli assi delle ruote anteriori un angolo compreso tra 0° e 90°. Sembra che l’ottimo si ottenga con un angolo di 45°. Provare per credere”. 


Davvero qualcuno ci ha provato. La foto rappresenta una “jeep” a ruote elicoidali scattata nel dicembre 1950 e pubblicata su Life. Si riferisce a un progetto militare statunitense del 1946 per un trattore basato sull’idea che si poteva accrescere la trazione se la pressione sul terreno poteva essere cambiata regolarmente al girare delle ruote. Furono costruite apposta quattro ruote elicoidali con i relativi pneumatici, che furono montate su un trattore da neve sfasate di un angolo di 90° tra la ruota destra e quella sinistra e tra la ruota anteriore e quella posteriore. Le due ruote motrici anteriori erano invece normali. Il progetto non ebbe seguito, ma possiamo osservare che ancora una volta la letteratura ha preceduto la realtà.



lunedì 7 ottobre 2013

Le fonti della Mappa dell’Impero


Il notissimo paradosso di Jorge Luis Borges relativo alla Mappa dell’Impero in scala 1:1 è contenuto nel frammento Del rigore della scienza, l’ultimo di Storia universale dell’infamia (Il Saggiatore, 1961 traduzione di Mario Pasi), pubblicato per la prima volta nel 1935 e poi riveduto e corretto nel 1954. Come sua abitudine, l’autore argentino attribuisce la citazione a un libro che in realtà non esiste: 

 “… In quell'Impero, l'Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell'impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell'Impero che aveva l’Immensità dell'Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la abbandonarono all'Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei deserti dell'Ovest rimangono lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle Discipline Geografiche. (Suárez Miranda, Viajes de varones prudentes, libro IV, cap. XIV, Lérida, 1658)”. 

In molti si sono occupati di questo frammento, tra i quali Umberto Eco, che gli ha dedicato un godibilissimo capitoletto del Secondo diario minimo (Bompiani, 1992), Dell’impossibilità di costruire la carta dell’impero 1 a 1, nel quale esamina con finta serietà la possibilità teorica di tale mappa e, attraverso speculazioni sulla sua possibile natura (mappa opaca stesa sul territorio, mappa sospesa, mappa trasparente, permeabile, stesa e orientabile), sul suo ripiegamento e dispiegamento, giunge a concludere, sulla base del paradosso di Russell, che tale mappa non potrebbe rappresentare l’insieme territorio + mappa. Eco conclude la sua “dimostrazione” con i seguenti corollari: 

1. Ogni mappa uno a uno riproduce il territorio sempre infedelmente. 
2. Nel momento in cui realizza la mappa, l’impero diventa irrappresentabile. Si potrebbe osservare che con il corollario secondo l’impero corona i propri sogni più segreti, rendendosi impercepibile agli imperi nemici, ma in forza del corollario primo esso diverrebbe impercepibile anche a se stesso. Occorrerebbe postulare un impero che acquista coscienza di sé in una sorta di appercezione trascendentale del proprio apparato categoriale in azione: ma ciò impone l’esistenza di una mappa dotata di autocoscienza la quale (se mai fosse concepibile) diverrebbe a quel punto l’impero stesso, così che l’impero cederebbe il proprio potere alla mappa. 
3. Corollario terzo: ogni mappa uno a uno dell’impero sancisce la fine dell’impero in quanto tale e quindi è mappa di un territorio che non è un impero.

Piergiorgio Odifreddi, amante di Borges e suo studioso e divulgatore, in uno dei saggi reperibili in rete (Un matematico legge Borges), sostiene che “(…) il regresso infinito che deriva dall'ipotesi di una mappa perfetta di un territorio disegnata su una sua parte produce non una contraddizione, ma l’esistenza di un punto del territorio che coincide con la sua immagine sulla mappa (per il teorema del punto fisso di Banach)”. In effetti, ragionando su spazi metrici (insiemi X dotati di una distanza d), una contrazione dello spazio metrico è una funzione T : XX tale da mandare coppie di punti x, yX in coppie di punti T(x); T(y) con una distanza minore tra loro. Il teorema delle contrazioni, o del punto fisso di Banach-Caccioppoli, garantisce che una qualsiasi contrazione definita su uno spazio metrico ammette almeno un punto fisso, così detto perché "la funzione non lo muove", ossia l'immagine mediante T coincide con il punto stesso.


Sempre a proposito della mappa dell’Impero, Odifreddi afferma che “Una delle ossessioni di Borges, apparentata all'autoriferimento e apparentemente paradossale, è la cosiddetta mappa di Royce, che egli ha citato almeno tre volte”. In effetti Borges cita esplicitamente il paradosso del filosofo idealista americano Josiah Royce in un passo del saggio Magie parziali del “Don Chisciotte”, contenuto in Altre inquisizioni (Feltrinelli, 1963, ma l’originale è del 1960): 

“Le invenzioni della filosofia non sono meno fantastiche di quelle dell’arte: Josiah Royce, nel primo volume dell’opera The world and the individual (1899), ha formulato la seguente: ‘Immaginiamo che una porzione del suolo d'Inghilterra sia stata livellata perfettamente, e che in essa un cartografo tracci una mappa d’Inghilterra. L’opera è perfetta. Non c’è particolare del suolo d’Inghilterra, per minimo che sia, che non sia registrato nella mappa; tutto ha lì la sua corrispondenza. La mappa, in tal caso, deve contenere una mappa della mappa, che deve contenere una mappa della mappa della mappa, e così all'infinito’.” 

Un altro riferimento alla Mappa dell’Impero compare nelle Cronache di Bustos Domecq (Einaudi, 1975), scritto assieme a Adolfo Bioy Casares. Nel capitolo Naturalismo d’oggi  si dice che il critico Hilario Lambin Formento voleva stilare una mappa della Divina Commedia e fini per ripubblicare le tre cantiche esattamente come le aveva scritte Dante. Tale impresa “descrittivista” sarebbe stata ispirata proprio dalla lettura del passo di Viaggi di uomini prudenti di Suárez Miranda in cui si parla della mappa dell’impero!

“Dapprima, si accontentò di pubblicare, in piccoli e manchevoli clichés, gli schemi dei gironi infernali, della torre del Purgatorio e dei cieli concentrici, che adornano la pregiata edizione di Dino Provenzal. La sua natura esigente non si considerò, tuttavia, soddisfatta. Il poema dantesco gli sfuggiva! Una seconda illuminazione, alla quale presto sarebbe seguita una laboriosa e lunga pazienza, lo sottrasse a quella passeggera stasi. Il 23 febbraio del 1931 intuì che la descrizione del poema, per essere perfetta, doveva coincidere parola per parola con il poema, come la famosa mappa coincideva punto per punto con l’Impero. Eliminò, dopo mature riflessioni, la prefazione, le note, l’indice e il nome e recapito dell’editore, e dette alle stampe l’opera di Dante”. 

Odifreddi nota il fatto che lo stesso Borges sembra indicare in Royce la fonte dei suoi riferimenti alla mappa in scala 1:1. C’è tuttavia un precedente ancora più antico, che sembra strano sia sfuggito sia a Borges, sia a Odifreddi. È contenuto nel secondo volume di Sylvie e Bruno (Garzanti, 1978), l’ultimo romanzo di Lewis Carroll, pubblicato per la prima volta nel 1893, qualche anno prima della stampa del libro di Royce. Nel capitolo in cui il protagonista incontra l’eccentrico tedesco fatato Mein Herr, che lo intrattiene con un discorso pieno di considerazioni matematiche (e sul quale tornerò in un prossimo articolo) compare infatti una mappa in scala 1:1:

“Mein Herr sembrava così meravigliato che pensai bene di cambiare discorso. “Che cosa utile, una mappa tascabile!” Osservai. 
“È un’altra delle cose che abbiamo imparato dal vostro paese,” disse Mein Herr; “stendere le mappe; ma noi siamo andati oltre. “Secondo lei quale sarebbe la massima scala utile per le mappe?” 
“Cento su mille, un centimetro per chilometro.” 
“Solo un centimetro!” Esclamò Mein Herr. “L’abbiamo fatto subito, poi siamo arrivati a dieci metri per chilometro. Poi abbiamo provato cento metri per chilometro. E finalmente abbiamo avuto l’idea grandiosa! Abbiamo realizzato una mappa del paese alla scala di un chilometro per un chilometro!” 
“L’avete utilizzata?” 
“Non è stata ancora dispiegata,” disse Mein Herr. “I contadini hanno fatto obiezione. Hanno detto che avrebbe coperto tutta la campagna e offuscato la luce del sole. Così adesso usiamo la campagna vera e propria come mappa di se stessa e vi assicuro che funziona ottimamente”.” 

Sarebbe utile, a mio parere, investigare sull'ipotesi che Royce possa aver conosciuto l’opera finale dell’autore di Alice. Di sicuro sarebbe di notevole interesse anche conoscere come mai Borges, che conosceva bene i libri di Lewis Carroll, non ne faccia menzione.



sabato 5 ottobre 2013

Il nuovo dizionario dei luoghi comuni


Consultando opere diverse, giornali, saggi e testi letterari, Gustave Flaubert si era accanito per anni a trovare e ad isolare i segni del luogo comune, della stupidità umana, per la quale egli provava il più profondo disgusto, quasi temesse di venirne contagiato. Dall'enorme mole di materiale trovato dopo la sua morte improvvisa fu ricavato il Dizionario dei luoghi comuni, in cui confluiscono i pregiudizi, la superficialità, i fanatismi, le contraddizioni, la mancanza di rigore scientifico, i residui di spiritualismo nelle più diverse discipline e tecnologie. Il testo, che si può trovare come pubblicazione a sé stante o come appendice al Bouvard e Pécuchet, è organizzato nella forma di “consigli” di comportamento per il borghese medio. La maggior parte conserva la sua validità anche oggi, a dimostrare come il luogo comune sia congenito alla natura umana, che non riuscirà forse mai a liberarsi dalla stupidità e dal conformismo. Ecco alcuni esempi:

ARCHITETTI: Tutti imbecilli. Fanno le case e dimenticano inevitabilmente le scale. 
CARINO: Si usa per tutto ciò che è bello. “È tanto carino” è il massimo dell’ammirazione. 
CONCORRENZA: L’anima del commercio. 
DIDEROT: Sempre seguito da d’Alembert. 
DOCUMENTO: I documenti sono sempre della massima importanza. Non ci sono cospiratori arrestati che non portino con sé documenti altamente compromettenti. 
EREZIONE: Non parlarne se non a proposito dei monumenti. 
FAMIGLIA: Parlarne sempre con rispetto. 
FILOSOFIA: Sogghignarne sempre. 
GATTO: Il gatto è traditore. Chiamarlo tigre da salotto. 
GENDARMERIA: Dire “forza pubblica” o “l’arma”. 
IMBECILLE: Chiunque la pensa diversamente da noi. 
INFINITESIMALE: Non si sa che cosa sia, ma ha a che fare con l’omeopatia. 
MATERASSO. Più è duro, più è igienico. 
NATURA: Che bello la natura. Da dire ogni volta che si è in campagna. 
PROGRESSO: Sempre malinteso e troppo frettoloso. 
PROPRIETÀ: Una delle basi della società. Più sacra della religione. 
TORO: Padre del vitello; il bue è soltanto lo zio. 
UNIVERSITÀ: Alma Mater. 

Ispirato da questa intelligente e imprescindibile opera, ho proposto sulla pagina Facebook di Dibattito Scienza di aggiornare il catalogo di Flaubert, nella convinzione che l’attualità politica e la conoscenza scientifica del cittadino medio possano fornire una riserva inesauribile di sciocchezze e frasi fatte, amplificate dalla possibilità di comunicazione offerta a tutti dai social network e dalla proliferazione di pagine dedicate alla diffusione di bufale pseudo-scientifiche o di idee paranoiche di complotti contro l’umanità. A titolo di esempio, ho portato alcune voci, tra le quali: 

CHIMICA: contamina, inquina, avvelena. 
IDROGENO: il combustibile ideale, si ricava dall’acqua. 
INCINTA: è un avverbio, indeclinabile. 
INTERNET: è la nuova Agorà. 
NATURALE: è sempre sano. Contrapporlo ad artificiale. 
NITROGENO: gas pericolosissimo. 
RICERCATORE INDIPENDENTE: uno scienziato che viene osteggiato perché non è pagato dalle multinazionali. Dice sempre verità scomode. 
SCIENZIATI: vivono in una torre d’avorio. 
TESLA: era più geniale di Leonardo. 

Il mio invito alla collaborazione ha riscosso un successo inaspettato. In molti hanno inviato i loro luoghi comuni, ampliando il repertorio. Li voglio citare tutti, in ordine rigorosamente alfabetico, ringraziandoli per i contributi:

Giovanna Arcadu, Guy Blueiceman Artico, Danilo Avi, Silvia Bencivelli, Andrea Bernardi, Claudio BonannoMarinella Brasili, Mauro Caldirola, Lella Cannito, Michele Castellano, Moreno Colaiacovo, Daniele De Pedis, Fabrizio Di Caprio, Kristian Fabbri, Alessio Facchin, Mario Genco, Valerio GiusoSilvio Gregorini, Emanuela Guizzo, Attila Laura, Giorgio Lecchi, Marcella Giulia Lorenzi, Giovanni Maga, Gianni Mazzarello, Alessandro Mogavero, Daniele Montanino, Omo Neri, Silvia Onesti, Fabio Pagan, Paolo Pascucci, Vincenzo Paz Passeretto, Aldo Piombino, Peppino Primiani, Emanuela Pulvirenti, Claudia Rege Cambrin, Ivo Silvestro, Valentina Scarcioni, Massimiliano Sforzini, Chris Sorrentino, Paola Spagnoli, Tama Tamà, Maurizio Ternullo, Elena Tosato, Mauro Venier, Ignazio Verde Ragona, Luca Zullo. 

Un piccolo lavoro di editing ha portato all'elenco che il lettore può consultare e assaporare qui sotto. Ovviamente si tratta di un repertorio provvisorio: la velocità di sviluppo del luogo comune è elevata quanto il mezzo con cui si propaga. 


ALOE VERA/GRAVIOLA/ERBE VARIE: infallibile cura per il cancro osteggiata dalle Multinazionali.
ALTERNATIVO: è sempre migliore. 
ARGON: prevede i terremoti. 
ANIMALI: dire di provare empatia. 
APPELLO: sempre preceduto da accorato. 
ASSOLUTAMENTE: sinonimo di sì. 
ASSOLUTAMENTE SÌ/ASSOLUTAMENTE NO: le uniche due modalità per rispondere affermativamente o negativamente. 
AUTO ELETTRICA/AD ARIA/AD ACQUA: i progetti ci sono, sono le multinazionali del petrolio che insabbiano tutto. L'auto ad acqua scinde l'acqua in idrogeno, lo brucia e rifà l'acqua di prima, e ci avanza pure l'energia per far andare l'autoradio. 
BACH: quello dei fiori, oppure quello del libro con Escher.
BAMBINO: sempre a rischio di essere buttato con l'acqua sporca. 
BATTERI: vivono nel water. 
BIGPHARMA: entità misteriosa e malvagia che controlla tutte le case farmaceutiche del mondo e le maggiori riviste scientifiche. Prendersela sempre con lei. 
BIO: prefisso universale che rende automaticamente "buono" qualsiasi sostantivo o aggettivo senza bisogno di ulteriore chiarimento. Esempi: biodinamico, bioetico, biologico, bioparco, biondo. Unica eccezione: Biotecnologie. 
BIOETICA: serve per impedire alle donne sterili di avere figli. Invocarla se c’è qualche cosa su cui non si è d’accordo. 
BIOTECNOLOGIE: non fidarsi. Creano mostri, l’uomo gioca con la vita. 
BOMBA D’ACQUA: dirlo invece di forte acquazzone. 
BOSONE DI HIGGS: la particella di Dio. 
BUCO NERO: fossa biologica. 
CALCARE: lo producono le lavatrici. 
CAMICE: indispensabile per pubblicizzare un dentifricio.
CAMPO: quello di calcio, oppure il luogo dove si scende. I campi di mais OGM vanno distrutti perché inquinano l’agricoltura. 
CARNE: i nostri denti dimostrano che non siamo carnivori. Quella della Coop è più buona perché non contiene Ogm.
CATTOLICI: perseguitati e discriminati dagli ateisti, dai laicisti, e dal relativismo culturale, oltre che dalla lobby gay. Difendono le radici cristiane. Sono gli unici che hanno l’etica.
CELLULARE: gli altri lo usano mentre guidano. 
CERN: non serve a niente. Spendono un mucchio di soldi mentre la gente non arriva alla fine del mese. Volevano creare un buco nero per distruggere il mondo con l’antimateria, l’ha detto Dan Braun.
CHAKRA: centri energetici del nostro corpo che cambiano orientamento nel cosmo a seconda dell'umore del nostro spirito. Lamentarsi di loro se si è di cattivo umore “Lasciami stare che c’ho i chakra girati”. 
CHEMIO: cura inutile e dannosa e che fa cadere i capelli utile solo per i profitti di Bigpharma. Il cancro si cura col bicarbonato. 
CHIMICA: contamina, inquina, avvelena. 
COLLUSO: chi ha un'opinione diversa dalla propria è sempre colluso con qualcosa. 
COMPLOTTO: ci viviamo in mezzo. Tutti complottano contro tutti. 
CONSUMI: bisogna farli ripartire per far ripartire l'economia. 
CULTURA: è solo umanistica (ricordarsi di citare Croce e/o Gentile). Con la cultura non si mangia.
CURA: meglio se alternativa. Le medicine delle multinazionali fanno male e servono solo a far soldi. 
DEMOCRAZIA: deve essere telematica. Si esporta con le missioni armate. 
DINOSAURI: piacciono ai bambini. 
DNA: una cosa che i biotecnologi mettono nelle piante. Dire spesso “ce l’ho nel mio DNA” 
DOMANDA: sorge sempre spontanea. Non rispondono mai alla propria. 
ECOLOGIA: scienza che si occupa dello smaltimento dei rifiuti urbani. 
EINSTEIN: personaggio mitico del quale esiste sempre qualche frase da citare in ogni occasione. 
ENTANGLEMENT: concetto della meccanica quantistica che nessuno ha capito. Riguarda le affinità tra energie sottili. 
EOLICO: rovina il paesaggio, è assordante. 
EUROPA: è sempre lei che ce lo chiede. Da quando c'è l'Europa l'Italia sta peggio. 
EXTRACOMUNITARI: dobbiamo aiutarli a casa loro. 
FATTI: le nostre opinioni. 
FEYNMAN: grande divulgatore. Dire di sapere chi fosse. 
FINANZIAMENTI ALLA RICERCA: auspicarli, perché "la ricerca è importante, ci vogliono più investimenti". Altrimenti: non servono: "quanti soldi buttati, non li potevano usare per fare nuovi ospedali?" 
FRACKING: tecnica ideata allo scopo di provocare terremoti. 
FUGA: la più famosa è quella dei cervelli. 
FUNZIONE D’ONDA: cosa che prima o poi collassa. 
FUSIONE FREDDA: c’è già, ma la boicottano. A Vicenza si fa con il Palladio. 
GATTI: sono più intelligenti dei cani, stanno anche nei paradossi quantistici. 
GERMANIA: posto dove ad intervalli regolari di due anni abbandonano il nucleare, producono esclusivamente cibo biologico, nelle autostrade non ci sono limiti di velocità e fanno tutto con l'energia solare. Hanno anche le più grosse miniere di carbone d'Europa, ma le tengono aperte solo per i turisti. Prendersela con lei quando vanno male le cose in Italia. 
IDROGENO: il combustibile ideale, si ricava dall’acqua. 
INCINTA: è un avverbio, indeclinabile. 
INTERNET: è la nuova Agorà. 
INSEGNANTI: fanno tre mesi di ferie. Lamentarsi che ce l’hanno con il proprio figlio. 
INTELLETTUALE: comunista da salotto. 
HAARP: esiste. 
HIV: non esiste. 
KASTA: tutti coloro che hanno un potere, ma “noi siamo la gente e il potere ci temono”. I politici, i sindacati, la chiesa cattolica, gli industriali, i medici, i giornalisti, gli amministratori di condomini, i buttafuori delle discoteche costituiscono altrettante kaste. 
 LIRA: quando c'era lei si stava meglio, la pizza costava 5.000 lire e non 5 euro come adesso. 
MAFIA: al Nord non esiste. 
MAGISTRATURA: è politicizzata. 
MASTER: vantarsi sempre di averne fatto uno in America. 
MATEMATICA: quella utile finisce alle elementari. Vantarsi di non conoscerla. Serve a non farsi fregare per il calcolo del resto al supermercato. 
MATEMATICO: persona che deve dimostrare ogni volta la propria capacità di saper fare i conti a mente più in fretta della calcolatrice; se non ci riesce gli è stata regalata la laurea.
MATERIA OSCURA: è l’antimateria. 
MEMORIA: c’è nel cervello, nel computer e nell'acqua. Quest’ultima non soffre di virus o di Alzheimer. Citarla per spiegare perché l’omeopatia funziona. 
MONITO: è sempre severo. 
MONTE: luogo nel quale sta il vero problema. 
NATIVI DIGITALI: i giovani. “Ah, oggi, figurati, con il computer imparano tutto! (e subito)”. 
NATURA: si ribella immancabilmente quando l'uomo gioca a fare dio. 
NATURALE: è sempre sano. Contrapporlo ad artificiale. 
NITROGENO: gas pericolosissimo.
NOBEL: a noi italiani non lo danno quasi mai. È tutto un imbroglio. Lo vince solo chi è al soldo delle multinazionali. Persone che lo meritano: Berlusconi, Zichichi, il Papa, Brunetta, quello che ha inventato il rilevatore di autovelox.
NOVE DONNE SU DIECI: la stragrande maggioranza delle consumatrici. Costituiscono i 9/10  dell’altra metà del cielo, quindi i 9/20 dell’umanità.
OBIETTORE: medico antiabortista nelle strutture ospedaliere. Fuori ci si può mettere d’accordo. 
OGM: cose che le multinazionali vogliono far mangiare ai nostri bambini nelle mense scolastiche. Esempi: la fragola-pesce, il mais che fa diventare i pomodori con le corna o tori con i pomodori al posto delle orecchie. Gli OGM mirano a rovinare i piccoli agricoltori e le nostre tradizioni culinarie. Dire che gli OGM distruggono la biodiversità (anche se non si sa che cosa sia). “Uno dei motivi per non mangiare OGM è che non usano energia riciclabile”.
OLISTICO: il bene. Visione olistica: è meglio che con gli occhiali.
OMEOPATIA: non ha controindicazioni. Riferirsi sempre a un parente che la usa ed è sano come un pesce. 
OMOFOBIA: non esiste. “Io non ce l’ho con i ghei, ma non ci provino con me”. Dire che si è fatti all'antica, che i gay costituiscono una casta, che per diventare stilista devi essere omosessuale, che il vero uomo passa con il rosso e non si ferma come le donne e ricchioni.
ORFANATROFIO: dirlo invece di orfanotrofio, è più politically correct. 
OSPEDALI: lamentarsi sempre di quelli pubblici. 
OZONO: ci hanno fatto un buco per infilarci dentro le scie chimiche. Ci ripara dai raggi ultraviolenti. 
PASSO INDIETRO: lo deve fare chi non la pensa come noi. Si auspica. 
PEPERONCINO: panacea per tutti i mali. 
PIANO REGOLATORE: contiene proibizioni assurde. In caso di alluvione denunciarne il mancato rispetto. 
PIATTAFORMA: è ecologica. Documento sindacale di rivendicazione. 
POLITICA: è tutto un magna magna. Definirla un teatrino.
POLTRONA: ci sono quelli incollati.
POSSIBILITÀ: abbiamo sempre vissuto al di sopra delle nostre. 
POTERI FORTI: il male. Dichiararsi sempre contro. 
PREBIOTICO: da usare sempre invece di batterio quando si parla di alimenti. 
PUNTI ESCLAMATIVI: più ne metti, più è vero quello che scrivi. 
QUANTISTICA: parola che accostata a "meccanica" indica una scienza astratta e inutile. Usata in contesti diversi rende affidabile qualunque teoria. Da usare in frasi come "i cinesi l'avevano detto già 5000 anni fa, ma oggi con la fisica quantistica anche il mondo occidentale ha capito che.."
RADIAZIONI: vengono emesse da ciò che è radioattivo, che è ciò che emette radiazioni. È radioattivo tutto ciò che non è bio. Il cellulare è radioattivo. Evitare gli esami radiologici dopo una duplice frattura scomposta perché la radioattività fa male.
RICERCA SPAZIALE: sono solo soldi buttati. Dire che lo si è visto in un programma sul canale satellitare.
RICERCATORE INDIPENDENTE: uno scienziato che viene osteggiato perché non è pagato dalle multinazionali. Dice sempre verità scomode. 
RISCALDAMENTO GLOBALE: non esiste. Questo inverno è nevicato di più che nel precedente. 
RUMENI: rubano il rame. 
SCHROEDINGER: citare sempre il suo gatto, anche se non serve, per dimostrare che si conosce la fisica quantistica. 
SCIA: nel cielo è sempre chimica, è la prova di un complotto. Da associare sempre ad HAARP anche senza sapere che cosa significa.
SCIENTIFICAMENTE DIMOSTRATO: è una certezza. La Verità assoluta. 
SCIENZA: gli scienziati credono nella scienza. 
SCIENZIATI: vivono in una torre d’avorio.
SENZA SE E SENZA MA: dirlo per mostrare decisione. “Voglio una coppa puffo e pistacchio, senza se e senza ma”.
SIGNORAGGIO: la cosa che fa fare i soldi alla Germania a spese nostre. Si trova anche nelle banche. 
SISTEMA: permette di vincere al gioco. In politica dichiararsi contro perché è colpa sua. 
SOLARE: energia pulita. Chiedersi se funziona anche quando piove. "Noi che siamo il paese del sole non abbiamo il solare mentre in Germania".
SPERIMENTAZIONE ANIMALE: vivisezione, giochi sadici fatti da persone frustrate al solo scopo di divertirsi sulle sofferenze degli animali. 
SVEGLIA: sempre e solo imperativo del verbo svegliare, mai l'utile strumento da comodino. Da usare in lettere maiuscole e accompagnato da almeno sette punti esclamativi e due "1". 
STAMINA: una cosa che te la iniettano e fa camminare i paralitici. Non la vogliono le multinazionali e i politici legati ad esse. 
STAMINALE: cellula che cura, antirughe, se è embrionale non piace ai cattolici. 
STUDENTI: bamboccioni. 
TEOREMA: fanfaluca indimostrata e indimostrabile. “C’è un teorema dei giudici contro di me”. 
TERMOVALORIZZATORE: da usare sempre al posto di inceneritore. 
TERREMOTI: fino a pochi anni fa non c’erano. Sono provocati da pozzi petroliferi, fracking e scie chimiche. Con il radon si possono prevedere. 
TETTONICA: è meglio non parlarne in società. 
TESLA: era più geniale di Leonardo. 
TONI: perennemente da smorzare. Possono essere severi, ultimativi, perentori, concilianti. 
TOPI: esseri eticamente ambigui. Da salvare se sono in gabbia, da uccidere se sono fuori dalla gabbia. 
TORNADO: meglio di forte perturbazione. 
TOSSINE: sostanze cattive prodotte nel nostro corpo da cattive abitudini/alimentazione che si eliminano facendo diete speciali o speciali riti di purificazione. 
UMIDITÀ PERCEPITA: afa. 
UNIVERSITÀ: è in mano ai soliti baroni. Non serve: c’è più bisogno di bravi idraulici e falegnami. In Italia si salva solo la Bocconi. 
VACANZA: usare le espressioni “mordi e fuggi”, “last minute” ed “esercito dei vacanzieri” 
VACCINAZIONI: provocano l’autismo nei bambini. Non servono a niente. "Ai tempi miei non c'era il vaccino contro il morbillo e io mica sono morto, quindi non è che il morbillo sia poi questo gran problema". Le multinazionali del farmaco li negano ai bambini dei paesi poveri.
VERO E PROPRIO: rafforzativo di ogni concetto esemplare. “Il cambio del sindaco fu un vero e proprio tsunami”; “Gli ultimi vent’anni sono stati una vera e propria odissea”.
WIKIPEDIA: (c'è scritto su _ ) fonte di ogni sapere alla quale ci si appella per dirimere ogni questione.
YOUTUBE: Fonte inoppugnabile del sapere supremo, utilizzata soprattutto nella locuzione "c'è un video su Y. che conferma la mia teoria”.

AGGIORNAMENTO DELL'8/10/2013
L'articolo è stato aggiornato con nuovi contributi e due nuovi contributori.

mercoledì 2 ottobre 2013

Il gatto di Siracusa (geometria per bambini)



C'è un gatto che sonnecchia a Siracusa 
sul quadrato costruito sull'ipotenusa. 
Se scivola in basso 
a vederlo è uno spasso: 
sul quadrato del cateto fa le fusa.