sabato 5 maggio 2018

La moltiplicazione delle geometrie (4): tutti in gruppo a Erlangen

Teoria dei gruppi - In matematica, un gruppo è un insieme non vuoto abbinato a un'operazione binaria interna (come ad esempio la somma o il prodotto) e che che soddisfa gli assiomi dell'associatività e dell'esistenza dell'elemento neutro e dell’inversa. Sistemi che obbedivano alle leggi del gruppo apparvero per la prima volta nel 1770 negli studi di Joseph-Louis Lagrange sulle permutazioni delle radici delle equazioni; tuttavia, la parola gruppo fu per la prima volta riferito a un sistema di permutazioni da Évariste Galois nel 1831. La teoria dei gruppi fu poi sviluppata grazie ai contributi fondamentali, tra gli altri, di Abel e Arthur Cayley.

Consideriamo, ad esempio, un insieme di elementi, che indichiamo con X. Chiamiamo permutazione di questo insieme una funzione f: X→X che opera sugli elementi di questo insieme in modo da ordinarli in successione, come nell'anagramma di una parola. Ad esempio, è possibile permutare gli elementi dell’insieme X formato dalle tre lettere A, B e C, ottenendo sei possibili configurazioni: ABC, ACB, BAC, BCA, CAB, CBA.

Quando abbiamo una permutazione f, abbiamo anche una permutazione inversa f−1 che riporta allo stato iniziale: se f(x)=y allora f−1(y)=x. Se ad esempio esiste la funzione f che trasforma ABC in BCA facendo slittare le lettere di un posto verso destra, esiste anche la funzione inversa f−1 che riporta BCA ad ABC facendo slittare le lettere di un posto verso sinistra. La funzione g che invece scambia di posto due lettere consecutive (da ABC a BAC) è diversa sia da f sia da f−1. La permutazione banale, vale a dire quella che non cambia niente, si chiama identità e viene indicata con Id.

Quando si hanno due permutazioni f e g dello stesso insieme, si può applicare prima f e poi g: si avrà così definita una permutazione composta che si indicherà g○f (o più semplicemente gf, partendo da destra), poiché gf(x)=g(f(x)). Si noti che comporre con l’identità è un’operazione neutra, perciò si dice che l’identità è l’elemento neutro.

Ora, seguendo Arthur Cayley (1821-1895), che sviluppò questo concetto, si può dare la seguente definizione:
Un gruppo è l’insieme di tutte le permutazioni di uno stesso insieme X che si possono ottenere per composizione a partire da certe permutazioni preferite, chiamate generatori, o dalle loro inverse.
Ad esempio il gruppo generato dalla sola applicazione f è composto da tre permutazioni: f , f○f = f2 e Id = f3 . In questo caso si riscontra che l’inverso di f è f2 . Così come accade nella teoria degli insiemi, la cardinalità di un gruppo si definisce in base al numero dei suoi elementi: in questo caso la cardinalità del gruppo generato da f è 3.

Le permutazioni viste sopra, operate sull'insieme X = {A, B, C}, costituiscono quindi un gruppo.

Quando l’ordine delle operazioni effettuate su X non influisce sul risultato, si parla di gruppo commutativo, o gruppo abeliano. All'interno di un gruppo G è possibile calcolare come commutano due suoi elementi a e b, calcolando il loro commutatore, dato dalla relazione:

[a,b] = aba−1b−1

Un commutatore è diverso da zero quando la composizione di due operazioni non soddisfa la proprietà commutativa.

Il concetto di gruppo consente di lavorare in maniera flessibile con oggetti matematici di natura e origine molto diverse tra loro, identificando alcuni importanti aspetti strutturali comuni. Con i gruppi è possibile trattare con le stesse modalità le soluzioni di un'equazione polinomiale, le simmetrie di un ente geometrico (ad esempio il gruppo di simmetria di un poligono regolare con n lati, detto gruppo diedrale), oppure gli insiemi numerici, o ancora le matrici. I gruppi giocano un ruolo chiave anche in topologia e in aree esterne alla matematica, come ad esempio nella fisica quantistica, dove queste rappresentazioni spesso permettono di discriminare le teorie "possibili", o nella chimica e nella mineralogia, in cui sono utilizzati per classificare strutture cristalline, poliedri regolari e simmetrie delle molecole.


Il programma di Erlangen di Klein - In un opuscolo pubblicato a soli ventitré anni quando fu nominato professore ordinario alla facoltà di Erlangen (1872), Felix Klein (1849-1925) fece il punto della enorme crescita e diversificazione della geometria avvenute nei decenni precedenti e propose un punto di vista da cui i suoi numerosi rami potevano essere organizzati in un sistema. Questo documento prese il nome di Programma di Erlangen. Nel proposito di Klein, il concetto di varietà introdotto da Riemann andava integrato con gli strumenti forniti dalla geometria proiettiva e quelli della teoria dei gruppi. Detto con le sue parole:
Data un varietà e un gruppo di trasformazioni della varietà, studiare le molteplici configurazioni rispetto a quelle caratteristiche che non sono alterate dalle trasformazioni del gruppo.
Ad ogni geometria, Klein associò un gruppo di simmetrie. La gerarchia delle geometrie era quindi rappresentata mediante una gerarchia di questi gruppi e una gerarchia dei loro invarianti. Cambiando il gruppo, cambiava il linguaggio geometrico. Due teorie geometriche a prima vista distinte potevano perciò rivelarsi “equivalenti” nel senso che una corrispondenza biunivoca tra “elementi dello spazio” scelti opportunamente nelle due varietà induceva, come diremmo oggi, un isomorfismo tra i rispettivi gruppi di trasformazioni.

Se S è una varietà in entrambi i sensi, con una trasformazione di S intendiamo una mappatura uno a uno di S su se stessa. È chiaro che:
a) Se T1 e T2 sono trasformazioni di S, la mappatura composita T2 ○ T1, che consiste in T1 seguita da T2, è anche una trasformazione di S;
b) la composizione delle trasformazioni è associativa, quindi, se T1, T2 e T3 sono trasformazioni di S, allora (T3 ○ T2) ○ T1 = T3 ○ (T2○ T1);
c) la mappatura dell'identità I, che invia ogni punto di S a se stessa, è una trasformazione di S tale che, per ogni trasformazione T, vale T ○ I = I ○ T = T;
d) per ogni trasformazione T c'è una trasformazione T-1, la inversa di T, tale che T-1 ○ T = I (T-1 rimanda indietro ogni punto di S da dove è stato portato da T).

In virtù delle condizioni (a) - (d), le trasformazioni (rotazioni, traslazioni, riflessioni, ecc.) di S formano un gruppo GS nel senso preciso che questo termine ha in algebra. GS include sottogruppi, cioè sottogruppi che contengono I e soddisfano le condizioni (a) e (d). Se H è un sottogruppo di GS e Φ è una caratteristica di S, o dei suoi elementi o parti, che non è influenzata dalle trasformazioni di Φ, diciamo che Φ è H-invariante. L'unico GS-invariante è la cardinalità di S (cioè il numero di elementi nella varietà). D'altra parte, il gruppo {I}, costituito solo dall'identità, conserva banalmente ogni caratteristica immaginabile. Tra questi due estremi ci possono essere molti sottogruppi diversi con tutti i tipi di invarianti interessanti, a seconda della rispettiva struttura di gruppo. Se S non è un insieme arbitrario (senza struttura), ma una varietà numerica come descritta da Klein, eredita la struttura dal campo del numero reale, che contribuisce a caratterizzare i diversi sottogruppi di GS e delle loro invarianti. Pertanto, il gruppo di trasformazioni continue preserva le proprietà topologiche (relazioni di vicinanza) e il gruppo di trasformazioni lineari preserva le proprietà proiettive.

Si possono stabilire le proprietà metriche in questo modo? Tradizionalmente si definisce la distanza tra due punti (x1, ..., xn) e (y1, ..., yn) di una varietà numerica come radice quadrata positiva di (x1 - y1)2 + ... + (xx - yx)2. Il gruppo di isometrie consiste nelle trasformazioni che preservano questa funzione. Tuttavia, questa è solo una convenzione, adottata per garantire che la geometria sia euclidea. Usando la geometria proiettiva, Klein pensò a qualcosa di meglio. Nessuna funzione a valore reale delle coppie di punti, definita su tutto lo spazio proiettivo, è un invariante del gruppo proiettivo, ma esiste una funzione di quadruple di punti collineari, il birapporto, che è una tale invariante. Attingendo al lavoro di Arthur Cayley (1821 ca-1895), Klein considerava il birapporto delle quadruple di punti [P1, P2, P3, P4]. tale che P3 e P4 appartengano a una data conica κ su un piano proiettivo, mentre P1 e P2 si estendono su una regione R che è delimitata o in qualche altro modo fissata da κ. Poiché P3 e P4 devono essere i punti in cui la retta che attraversa P1 e P2 incontra κ, il detto birapporto può essere considerato come una funzione della coppia di punti [P1, P2]. Le collineazioni che mappano una data conica su se stessa formano un gruppo, e la suddetta funzione è chiaramente un invariante di questo gruppo. Klein dimostrò che una certa funzione di questa funzione si comporta come una normale funzione di distanza su R. Secondo la natura della conica, la struttura determinata da questa funzione soddisfa (a) tutti i teoremi della geometria piana euclidea, o (b) tutti quelli della geometria piana lobacevskiana, o (c) quelli della terza geometria che Riemann aveva chiamato"ellittica". Risultati simili valgono per il caso tridimensionale, con κ una superficie quadrica.


Klein rese molto esplicita l'idea che ogni linguaggio geometrico avesse i propri concetti appropriati, quindi, ad esempio, la geometria proiettiva parla di sezioni coniche, ma non di cerchi o angoli perché quelle nozioni non sono invarianti rispetto alle trasformazioni proiettive. Il modo in cui i linguaggi multipli della geometria erano poi riunificati poteva essere spiegato dal modo in cui i sottogruppi di un gruppo di simmetria sono correlati tra loro.

La teoria geometrica dei gruppi di Klein godette di grande favore tra i matematici. Raggiunse un grande successo quando Minkowski (1909) dimostrò che la sostanza della teoria della relatività speciale di Einstein era la geometria del gruppo di Lorentz (l’insieme delle trasformazioni sulle coordinate dello spazio-tempo), un risultato essenziale che Klein era ancora vivo per apprezzare.

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